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Benedicto XVII

Monti e Tramonti

Mi sono sempre piaciuti i cori polifonici. Il canto a quattro voci, la forza della musica che s’innalza nelle navate o che accompagna gli strumentisti in un dialogo fruttuoso mi intrigano da sempre, ma quello dei cori di Roma riuniti nel gruppo “Resistenza musicale permanente” che, accompagnato da un’impettita orchestra ha, cantato fuori da Palazzo Grazioli il 12 Novembre scorso m’ha quasi commosso. Li davanti transitava un’automobile per le dimissioni del Cavaliere in essa trasportato. A qualcuno è sembrato triste vederlo passare attraverso una piazza colma di sberleffi, trenini, acclamazioni di giubilo, e musica Alta. A me, no.

In 17 anni di goliardia, ci ritroviamo solo con negli occhi una lista di giullarate da lui compiute in tutti i luoghi di potere del globo, e con una situazione economica che dire sinistra (aggettivo che Lui equivocherebbe di certo), è poco. Rinfreschiamo la memoria (visto che in Italia l’abbiamo corta): dalle corna nella fotografia con i capi di stato, al “lei mi sembra un kapò” diretto ad un parlamentare socialista tedesco urlato nel microfono all’assemblea europea riunita i cui membri pensavano stupefatti ad un errore di traduzione, agli schiamazzi per attirare l’attenzione di Obama che hanno sconvolto la regina d’Inghilterra (che cosa volesse dirgli di così imprescindibile, poi non s’è mai capito: forse voleva solo controllargli l’abbronzatura), ai complimenti eccessivi fatti con disinvoltura alle signore della politica mondiale (non ultima la stessa signora Obama, che ha salutato come solo avrebbe fatto un rimasuglio di stamberga), fino alle ripetute gags perpetrate ai danni di Angela Merkel che, quando ha saputo di esser stata da lui definita (mentre conversava al telefono con il prode Lavitola)  “culona inchiavabile”, per esser parimenti offensiva ci ha fatto uno spread così. Quante pagliacciate, quante menestrellate da maschera del Teatro dell’Arte, e quanto rideva… Eppure, dopo i sorrisetti di Sarkozy, mentre sfilava tra la folla in festa e l’Alleluia di Haendel, l’uomo sui tacchi non era più così pacioso e risolente: era giunto al redde rationem; ma è davvero finito? E’ questo l’epilogo di tanta epopea? E no, non ci crede nessuno.

Per il momento, ha dovuto lasciare. Perché, di tutte le soluzioni per risolvere i contingenti problemi (Il 10 Agosto, il fido Brunetta assicurava che in 3 mesi avrebbero rivoluzionato il Paese e rimesso tutto in ordine) s’è solo visto dell’acqua tiepida di proposte in una lago ghiacciato di speculazione finanziaria. Un principio di riforma, però, è stata attuata, con imprimatur dal Colle: abbiamo incominciato a ridurre i rappresentanti in Parlamento, siamo passati da Tremonti ad uno.

Mario Monti, il salvatore. Mario Monti, il mago… S’è subito messo all’opera, e il primo nome uscito dal cilindro, giusto per dare una continuità al Governo precedente, è Passera: a parte l’evocazione lubrica che rimanda alle “olgettine” pettorute e ai mondialmente ormai famosi Bunga-Bunga, si rinnova l’idea che le istituzioni finanziarie (Banca Intesa in primis) e i poteri (e i danari) vaticani non saranno punto sfiorati, e riappare fulgido il Conflitto d’interessi, immarcescibile cifra del Tycoon mediatico appena cascato. Bene.

Ma Berlusconi, che farà? Gli Stati Generali della comunicazione del Nano di Arcore si sono riuniti al Teatro Manzoni di Milano (avrebbero dovuto presentarsi al Teatro Dal Verme, sarebbe stato più consono), e hanno lanciato strali contro Standard and Poor’s attaccando frontalmente Monti per chiedere subito nuove elezioni; “ci comanderà un plutocrate massone”, ha tuonato l’obeso de “Il foglio”; sono inorridito: “non sarà che”, mi sono detto, “stia già tornando?”.

Quindi, i giochi sono già iniziati, la campagna acquisti è già in atto. Si tratta solo di vedere la nuova geografia dei nomi, e poi molto dipenderà dall’operato del “Governo dei tecnici”. Perché Monti e sodali dipendono dal parlamento e, quindi, viste le regole elettorali vigenti, dai Segretari di partito. Berlusconi, che farà? Farà di tutto perché si mantenga la sua sana mediocrità, cioè non permetterà risultati eclatanti, altrimenti l’evidenza della sua incapacità sarebbe manifesta, né promuoverà un subisso rovinoso dacché ciò nuocerebbe troppo alle sue aziende. Quindi, galleggerà tra i banchi di Montecitorio, trameggiando per non finire alla sbarra, e per non uscire di scena.

Come andrà a finire non lo sappiamo: ma se, a dispetto delle mie speranze, l’azione del nuovo esecutivo non sarà efficace, il coro intonerà il De profundis, e dietro ai Monti, ci saranno solo tramonti.

17 /

11 /

2011

¿Cómo viven los vivos con los muertos? Hasta que el capitalismo deshumanizó a la sociedad, todos los vivos esperaban la experiencia de la muerte. Era su futuro final. Los vivos eran en sí mismo incompletos. De esa forma vivos y muertos eran interdependientes. Siempre. Sólo una forma de egotismo extraordinariamente moderna rompió esa interdependencia. Con consecuencias desastrosas para los vivos, ahora pensamos en los muertos en términos de los eliminados.

John Berger
Doce tesis sobre la economia de los muertos (1994)

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